Danno da nascita indesiderata e prova della (giustificata) volontà abortiva della gestante

Danno da nascita indesiderata e prova della (giustificata) volontà abortiva della gestante
28 Febbraio 2018: Danno da nascita indesiderata e prova della (giustificata) volontà abortiva della gestante 28 Febbraio 2018

La sentenza n. 1252/2018 della Terza sezione della Cassazione civile ha affrontato l’ennesimo caso di danno “da nascita indesiderata” per il quale la gestante contestava all’ecografista (nonché al ginecologo ed all’Azienda sanitaria) di non aver tempestivamente diagnosticato “la mielomeningocele da cui era affetto il feto” e di non avergliela resa nota, precludendole “di esercitare il diritto all'interruzione della gravidanza stessa” (ciò che peraltro è improprio, poichè la legge n. 194/1978 non prevede alcun “diritto di abortire”). La sentenza d’appello aveva riformato quella di primo grado, rigettando la domanda di risarcimento, sul presupposto che l’esatto adempimento del medico non avrebbe comunque evitato il danno, poichè il suddetto accertamento ecografico si sarebbe comunque reso possibile solo una volta scaduto il termine di novanta giorni previsto dall’art. 6 della legge n. 194/1978, quando ormai “la madre non avrebbe potuto rifiutare" la prosecuzione della gravidanza. La Cassazione ha confermato la decisione, correggendone però la motivazione, in quanto “la legittimità dell'interruzione di gravidanza ultratrimestrale è… espressamente sancita dalla norma poc'anzi citata, che la consente, tra l'altro,/ Corte di Cassazione - copia non ufficiale a condizione che siano stati accertati processi patologici, tra cui quelli relativi e rilevanti anomalie o malformazioni del feto, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna, come espressamente riconosciuto dalla stessa giurisprudenza di questa Corte (Cass. 12195/1998)”. Decisivo, invece, per ritenere l’infondatezza della domanda era il fatto che l’attrice non avesse allegato e provato il fatto che, se fosse stata tempestivamente informata della malformazione fetale, avrebbe richiesto di poter abortire, in relazione alla comprovata gravità di questa, tale da poter pregiudicare la propria salute “fisica o psichica”. A questo proposito la Corte premette che deve ritenersi “conforme a diritto” la sentenza impugnata “nella parte in cui esclude in fatto la sussistenza delle condizioni previste dalla legge in mancanza di prova del grave pericolo per la salute fisica o psichica”. Infatti, “erra… parte ricorrente nel ritenere provato ipso facto il nesso etiologico tra la mancata informazione e l'intenzione di interrompere la gravidanza, volta che l'originario orientamento di questa Corte (Cass. 6735/2002; Cass. 14488/2004, a mente della quale risponde a regolarità causale che la gestante, se informata correttamente e tempestivamente sulla gravità delle patologie cui va incontro il nascituro, interrompa la gravidanza) è stato di recente modificato (Cass. 16754/2012, confermata, sia pur soltanto in parte qua, da Cass. ss.uu. 25767/2015) nel senso che l'onere della prova di tale nesso grava sulla gestante, onere della prova che, va aggiunto, risulta tanto più pregnante nell'ipotesi, quale quella di specie, di aborto ultratrimestrale”. In vari precedenti la Corte aveva, invero, affermato il seguente principio di diritto: “Nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno cd. da nascita indesiderata (ricorrente quando, a causa del mancato rilievo da parte del sanitario dell'esistenza di malformazioni congenite del feto, la gestante perda la possibilità di abortire) è onere della parte attrice allegare e dimostrare che, se fosse stata informata delle malformazioni del concepito, avrebbe interrotto la gravidanza, poiché tale prova non può essere desunta dal solo fatto della richiesta di sottoporsi ad esami volti ad accertare l'esistenza di eventuali anomalie del feto” (Cass. civ. n. 12264/2014, 27528/2013. 7269/2013…).

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